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Oggi nascono più profili social che bambini

Nel corso dell’ultimo secolo la nostra specie ha conosciuto un’esplosione demografica senza precedenti. Da poco più di un miliardo di abitanti agli inizi del Novecento, oggi abbiamo superato la soglia dei sette miliardi. Nonostante i ritmi di crescita stiano avendo una leggera contrazione nel corso degli ultimi anni, l’espansione della popolazione globale probabilmente non conoscerà sosta almeno fino al 2050. Merito, soprattutto, di un tasso di fertilità a dir poco impressionante, che vede più di 300.000 nuovi esseri umani affacciarsi al mondo ogni giorno.

Eppure, c’è chi riesce a raggiungere cifre simili e, addirittura, a superarle. Stiamo parlando dei social media, la cui espansione a livello globale procede a una velocità altrettanto sostenuta. Facebook, il più noto e utilizzato, ha potuto vantare per quest’anno circa mezzo milione di nuovi profili ogni giorno. Un dato che ci suggerisce come la rivoluzione sociale di Internet sia ancora in corso a livello planetario e che vede protagoniste soprattutto le aree del mondo considerate “emergenti”. Questo non solo smentisce lo stereotipo che vuole solo i paesi “sviluppati” quali protagonisti dell’evoluzione tecnologica, ma definisce chiaramente la portata del fenomeno che stiamo vivendo.

Fino a qualche anno fa l’imperativo era esserci su Internet in modo da poterne sfruttare le possibilità. Esserci tuttavia non voleva dire mostrarsi anzi, come sa bene chi ha vissuto Internet prima della sua rivoluzione “social”, l’anonimato era considerato un valore aggiunto desiderato e perseguito.

Oggi, invece, assistiamo a un ulteriore salto di qualità. Non basta far parte della rete globale, ormai la necessità condivisa da una maggioranza sempre più schiacciante della popolazione mondiale è quella di esser presenti mettendoci, letteralmente, la faccia. Un bisogno per forza di cose legato a un timore ben preciso: per sempre più persone non essere riconoscibili su Internet equivale a non esistere.

Certo in passato si sono avute dinamiche simili legate a particolari innovazioni tecnologiche, ad esempio con l’avvento del telefono come mezzo di comunicazione. Tuttavia le caratteristiche peculiari di questo nuovo medium fanno sì che “presenziare” sui canali sociali di rete non significhi limitarsi a mettere nome, cognome e recapiti.

Sempre più ciò che facciamo ed esprimiamo in rete fornisce un identikit all’esterno su ciò che siamo. Per questa ragione anche un social media come Linkedin, pensato per le specifiche esigenze del business, sta registrando a sua volta numeri molto importanti, con più di 150.000 nuovi profili al giorno. Se a questo dato si aggiunge che una delle tendenze stimate per il 2017 sarà la consacrazione della selezione del personale da remoto, con cui si andrà a scegliere un talento pur senza incontrarlo “di persona”, ecco che si fa sempre più delineato il quadro che vede l’identità digitale non più parallela al reale, ma parte integrante e fondamentale della proiezione che ogni persona ha verso nei confronti degli, esattamente come il colore degli occhi, la cerchia di amicizie, gli studi seguiti e così via.

Il peso della propria presenza online nella vita di ciascuno è sempre più riconosciuto anche dai governi. Poco prima di Natale è stata introdotta negli Stati Uniti una nuova misura di sicurezza per gli ingressi senza visto. Al resto dei dati sensibili è possibile indicare, per il momento in via opzionale, i principali profili social utilizzati. Già da tempo, inoltre, il monitoraggio delle attività sui social è un punto cardine delle agenzie di sicurezza di pressoché tutte le nazioni nel prevenire minacce di natura terroristica.

Naturalmente ciò non significa che qualunque canale social venga preso d’assalto da moltitudini di nuovi iscritti. Twitter, ad esempio, al momento si attesta a quota 40.000 nuovi profili giornalieri: numeri che rispetto ai principali competitor equivalgono a una fase di sostanziale stagnazione. Nonostante si tratti di un canale che fa dell’immediatezza la sua bandiera e quindi teoricamente più affine a chi per la prima volta si affaccia sul digitale, Twitter fatica a stare al passo a causa di una crisi lunga ormai diversi anni dovuta alle difficoltà nel sapersi reinventare e nell’incapacità a risolvere problemi strutturali che da tempo affliggono il canale (a cominciare dal proliferare di account fake e della scarsa vigilanza sui contenuti pubblicati).

La tendenza d’altra parte non è più, banalmente, semplificare a tutti i costi la propria presenza online, se consideriamo il numero crescente di attività che sempre più tendiamo a fare in rete. Piuttosto, è importante semplificare i tempi e le procedure per accedere a questi servizi. Non sorprende dunque se la palma dell’operatore più “fertile” non spetti a un social, bensì a un portale a tutto tondo: Google, che stacca nettamente tutti gli altri canali con un milione di nuovi account. Se d’altra parte si considera che Google al suo interno non ha solo due social media (Google+ e Youtube) ma costituisce al tempo stesso un hub per accedere a una moltitudine di servizi, tra i quali un provider di posta elettronica, un cloud storage, una piattaforma online per alcuni servizi basic per la creazione di documenti e moduli, non sorprende constatare come le occasioni utili per crearsi un proprio account siano molto più numerose rispetto agli altri canali.

Nonostante sia ancora diffusa l’idea che ciò che si compie in rete appartenga a una realtà virtuale distinta e non comunicante con quella reale, è sempre più evidente come dal punto di vista degli altri siamo (anche) ciò che postiamo.

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